Tecnonazisti e Fratelli Musulmani
"Quando si presenta una causa e ti rendi conto fin nel midollo che è giusta, ma rifiuti di difenderla, in qual momento incominci a morire. E non si sono mai visti tanti cadaveri che si aggirano parlando di giustizia". (Mumia Abu Jamal)
"Come possono coloro che diffondono i semi del terrorismo combatterlo? Chi volesse combattere il terrorismo potrebbe farlo con politiche razionali e realistiche, fondate sulla giustizia e il rispetto della volontà di popoli di determinare il proprio futuro, gestire i propri affari, restaurare i propri diritti diffondendo conoscenza, combattendo l'ignoranza, migliorando l'economia, suscitando coscienza sociale e promuovendola.". (Bashar el Assad)
Eccomi qua. Bentrovati tutti. Si riparte tra flutti di cianuro domestico e gangster Nato in Medioriente, ma anche a fianco delle recenti vittorie di curdi siriani, patrioti di Assad, Hezbollah, esercito di Baghdad e milizie scito-sunnite iracheno-iraniane.
Notarella domestica. Matteo Renzi, sbruffone e smargiasso da farci sganasciare, intanto fa. E come se fa! Un pallone bucato, ma rigonfiato e ritemprato dal recordman dei genocidi con bonus di infanticidi, nello Stato-più-canaglia-di-tutti. Un Renzinihau, anche Renzibama, tonificato sotto lo sguardo vigile dei suoi angeli custodi, gli israeliti Gutgeld (“Buondenaro”, nomen omen) e Carrai con imprimatur Sion-Nato. Altro che annuncite. E’ subito ripartito, saltando una decina di ostacoli democratici, verso la meta mafio-tecnonazista. Sta rovesciando il paese costituzionale come un calzino e, a parte l’ostinata resistenza dei 5Stelle che, contro lo tsunami della malavita politico-amministrativa-imprenditoriale coalizzata nelle più larghe intese mai viste,fanno quello che possono. Procede su un velluto appena sfrangiato dai vari microrganismi dissidenti dentro e fuori dal suo partito. Visto come fa il campione turco in patria e in giro, Renzi, che non è dammeno a nessuno e sa far primeggiare l’Italia, ne ha subito copiato le misure più significative. Anzi, le ha anche superate: a Erdogan la riforma tecnonazista della costituzione non è riuscita, con l’Italicum e la riforma costituzionale Renzi l’ha umiliato. Che Erdogan impari: bastava evitare lo scoglio democratico del voto e farsi nominare da un proconsole qualsiasi della Cupola finanziaria nazismogena, tipo Napolitano. Renzi accelera. Due sono al momento le sue ossessioni, dopo essere riuscito a far passare, grazie al regime del non-voto, anche il regime del voto da lui prederminato. Così la forma è salva.
"Come possono coloro che diffondono i semi del terrorismo combatterlo? Chi volesse combattere il terrorismo potrebbe farlo con politiche razionali e realistiche, fondate sulla giustizia e il rispetto della volontà di popoli di determinare il proprio futuro, gestire i propri affari, restaurare i propri diritti diffondendo conoscenza, combattendo l'ignoranza, migliorando l'economia, suscitando coscienza sociale e promuovendola.". (Bashar el Assad)
Eccomi qua. Bentrovati tutti. Si riparte tra flutti di cianuro domestico e gangster Nato in Medioriente, ma anche a fianco delle recenti vittorie di curdi siriani, patrioti di Assad, Hezbollah, esercito di Baghdad e milizie scito-sunnite iracheno-iraniane.
Notarella domestica. Matteo Renzi, sbruffone e smargiasso da farci sganasciare, intanto fa. E come se fa! Un pallone bucato, ma rigonfiato e ritemprato dal recordman dei genocidi con bonus di infanticidi, nello Stato-più-canaglia-di-tutti. Un Renzinihau, anche Renzibama, tonificato sotto lo sguardo vigile dei suoi angeli custodi, gli israeliti Gutgeld (“Buondenaro”, nomen omen) e Carrai con imprimatur Sion-Nato. Altro che annuncite. E’ subito ripartito, saltando una decina di ostacoli democratici, verso la meta mafio-tecnonazista. Sta rovesciando il paese costituzionale come un calzino e, a parte l’ostinata resistenza dei 5Stelle che, contro lo tsunami della malavita politico-amministrativa-imprenditoriale coalizzata nelle più larghe intese mai viste,fanno quello che possono. Procede su un velluto appena sfrangiato dai vari microrganismi dissidenti dentro e fuori dal suo partito. Visto come fa il campione turco in patria e in giro, Renzi, che non è dammeno a nessuno e sa far primeggiare l’Italia, ne ha subito copiato le misure più significative. Anzi, le ha anche superate: a Erdogan la riforma tecnonazista della costituzione non è riuscita, con l’Italicum e la riforma costituzionale Renzi l’ha umiliato. Che Erdogan impari: bastava evitare lo scoglio democratico del voto e farsi nominare da un proconsole qualsiasi della Cupola finanziaria nazismogena, tipo Napolitano. Renzi accelera. Due sono al momento le sue ossessioni, dopo essere riuscito a far passare, grazie al regime del non-voto, anche il regime del voto da lui prederminato. Così la forma è salva.
Telefonini sì, ma ciechi e sordi
quando passa il potente
Non gli
basta il parco buoi mediatico che muggisce all’unisono con le sue cazzate.
Qualche bue è pur scappato e hai visto mai che si provi a disarcionarlo. Così,
dopo la legge che ha messo all’angolo i giudici sotto la scritta “la legge è
uguale solo per la plebe” e, se non vi sta bene, vi facciamo processare dai
nostri e vi dimezziamo lo stipendio, c’è l’emendamento Pagano (NCD), della
componente ultradestra del pappa e ciccia di destra PD-NCD-FI. Lieve correzione
della legge sul processo penale che stabilisce che qualsiasi ripresa fatta a chi non lo sa è reato e che spedisce
chi l’ha registrata in carcere fino a 4
anni. Vale per i giornalisti? Un momentino, per alcuni è sembrato troppo. E
poi i giornalisti sono ormai quasi tutti felicemente a paga. Vale certamente
per tutti gli altri.
Ora, non
siamo immersi in un mondo dove chiunque ha per le mani un aggeggio per
riprendere, cellulare o telecamerina che sia? E non è grazie a questa
diffusione capillare degli strumenti, che abbiamo visto passare tangenti dalle
mani di un imprenditore nelle tasche di un politico? O il fuorionda del Favia
scilipotizzato? O la meccanica dell’assassinio di Carlo Giuliani e le conseguenti
sevizie nella Diaz? O poliziotti che calpestano ragazze atterrate, o
strangolano giovani passanti? O truffatori, maghi, imbroglioni, discepoli di
Renzi e di tutti i suoi predecessori senza esclusioni, che fregano l’innocente?
O certi bastardi che danno fuoco ai Rom? O motovedette che speronano
gommoni? O le orge di qualche farabutto
ai domiciliari? O anni di porcate come
registrate dalle Iene, da Striscia o Report? Grazie ai mezzi di ripresa siamo
tutti testimoni, siamo tutti giornalisti, l’informazione è sfuggita al
sequestro dei potenti e si è democratizzata. Se ora esentano dalla galera
quelli iscritti all’albo, non fanno che ridurre di un cincinnino il fenomeno
che ha più inquietato gli squali del loro bacino elettorale e gli ufficiali
pagatori delle lobby. Quello del
cittadino collaboratore di giustizia. Del pentito di mafia si erano già
occupati.
Scioperi? Quando mai!
Testimoni di
nefandezze anche i sindacati, almeno nelle espressioni che sfuggono al
controllo delle centrali collaborazioniste. Con Pompei e Alitalia è successo il
finimondo, la crisi della Repubblica, la spinta nel precipizio, il sabotaggio
della nazione e delle sue fortune economiche. A Pompei, nel più disastrato
–dallo Stato – dei nostri giacimenti archeologici, lavoratori cui hanno
decurtato lo stipendio e allungato l’orario di lavoro, sospendono il lavoro per
un’ora di assemblea.Traditori della Patria, affossatori della sua economia.
Fuori, per un’ora sotto il sole, le vittime.Turisti, martiri più martiri degli
altri gli australiani e i giapponesi, vengono da così lontano e sono anche
nostri alleati Nato. Classica inversione dei termini dell’equazione. Il
ministro Franceschini , precipitatosi arruffato e trafelato nel sito da lui e
dai suoi predecessori affidato allo sfacelo, anatemizza, con sdegno da vero
apostolo della cultura i reprobi, causa di un danno “irreparabile”.
E’ il ministro che sovrintende allo
sfascio, non solo di Pompei, ma di tutto il patrimonio artistico italiano, che
taglia i fondi all’Accademia della Crusca, secolare ed estremo custode della
lingua italiana, anche contro i burini monoglotti degli anglicismi del cazzo,
che riduce all’impotenza e alla penuria gli istituti del restauro e ogni
ricerca, che fa parte di un governo che uccide la libera istruzione, che
sottopone le sovrintendenze, custodi del nostro unico oro, a prefetti
culturalmente minushabentes, cioè a
un governo di analfabeti intellettuali, perché non disturbino le scelleratezze
dello Sblocca Italia, che impone a studenti, insegnanti, genitori il tacco di
ferro di un preside-Gestapo, commesso scolastico dell’impresa più munifica.
A Fiumicino,
hanno scioperato i piloti e assistenti dell’ex-compagnia di bandiera,
sopravvissuti alla decimazione degli sfasciatori dell’azienda perché si
vendesse a saldi, ma con guiderdone per loro, e ridotti a precari col futuro in
bilico sui libri contabili del padrone degli Emirati. Lotta costituzionale in difesa di lavoro, vita, famiglia, del
decoro nazionale. Criminalizzati come nemici della nazione dal coro assordante
della stampa e dagli acuti del solista.
Così per
tutti quelli che scioperano, salvo che vincano contro il ricatto, ma con
pesante diminutio, degli investitori
che attribuiscono la solo momentanea soluzione al sodale Renzi. Trattasi ormai
di offensiva generalizzata e voluta definitiva contro quest’altro, estremo
presidio dei diritti dei lavoratori. Mentre in parallelo, a distruggere i
presidi degli ultimi magistrati non normalizzati dal CSM e dagli ukase del
regime contro indagini e rinvii a processo e a protezione dei malfattori
(centrale del carbone di Vado Ligure, Ilva, ecc.), corre l’offensiva a sostegno
e promozione della delinquenza politico-economico-mafiosa organizzata, pilastro
del regime. Dice il ducetto gonfiato:
“Mai più scioperi selvaggi!”. Dove “selvaggi” è pleonastico, perché, visto
l’andazzo giallo di CGIL-CISL-UIL-UGL, lo saranno tutti.
Il Califfo a Brescia
Sugli stessi
binari del treno che corre ad alta velocità verso il tecnonazismo, un altro
ghiotto pasto da apparecchiare ai suoi promotori: la guerra al terrorismo, come
insegnano Usa, Ue e Nato, impagabile pretesto per la stretta delle libertà
democratiche su tutti i fronti di classe, specie in vista di ulteriori
“interventi umanitari” e dell’adozione del TTIP, trattato di “libero” scambio
Usa-UE che ci farà chiudere baracca, con tanto di buonanotte dei suonatori.
Ultimo colpaccio, l’arresto a Brescia di due balordi senz’ arte né parte che,
sprovvisti di qualsiasi credibilità e del minimo dispositivo per l’azione,
fanfaroneggiavano di militanza e attentati islamisti, e addirittura di far
saltare per aria una delle più protette basi militari, quella di Ghedi, con le
sue bombe atomiche. Sarebbe come se un non vedente avesse progettato di fare il
tiro con l’arco. Più pericolosi per la sopravvivenza dello Stato di chi ha
abbattuto le Torri Gemelle. Boccone
prelibato per tecnonazisti, anche se roba da Bagaglino, ma diventata,
nell’apoteosi della paura celebrata da politici e media, minaccia mortale di
ritorno dei mori e utile pretesto per partecipare allo scontro di civiltà con
bombe fuori e Stato di polizia in casa. Salvini, con le sue intemerate alla
trucida contro migranti terroristi e rom untori di peste, serve allo stesso
scopo. Quei farlocconi narcisisti sono serviti al’avanzata del processo tecnonazista
commissionato al caporale di giornata Renzi dai feldmarescialli del Reich,
sono, “si parva licet…” l’equivalente della false flag delle armi chimiche di Assad a Ghouta, che dovevano
servire per rovesciare i marines addosso alla Siria, o le mitragliate jihadiste
in Tunisia che hanno facilitato l’ennesima stretta repressiva del governo
islamista, con tanto di pena di morte e fine degli assembramenti popolari.
Avanti march, di corsa!
Se non è una
grandinata del fare questa? E ne abbiamo trascurato tanti di chicchi di
grandine come palle da tennis. Che regalo, quello dell’Espresso, quello del
medico delle rughe e del governatore della Sicilia, in cui si roteano coltelli
intorno alla gola della figlia di Borsellino! Davanti a tanta infame abbaglio,
non concorreremo tutti a plaudire al
pacchetto anti-intercettazioni “tra privati”, o da privato politico a privato
mafioso, o dove Boschi chiede a Boldrini:”Che
5Stelle ti sei inchiappettata oggi?” La
privacy, che diamine! Messina Denaro,
nel vasto lettone dell’ammucchiata nazionale, può dormire sonni tranquilli.
Quale classe politica plurinquisita o condannata oserebbe torcere un capello al
socio che sa tutto di lei? E’ tutta questione di accentrare, verticizzare,
togliere contrappesi: tecnonazismo. L’ambiente, la salute vanno fatti spremere
dagli amici fino all’ultima goccia di linfa o di sangue? E allora via il Corpo
Forestale dello Stato, con quella sua mania di protezione preventiva della
salute ambientale e umana. Incastriamolo nella Polizia di Stato. Ha davvero
rotto i coglioni a proteggere orsi marsicani, o fringuelli da trappola, a
scoprire Seveso, l’avvelenamento Edison dell’Abruzzo, le piogge d’amianto, a
mostrarci il Golfo dei Poeti di Spezia trasformato in discarica tossica (su
questo abbiamo lavorato insieme) e denunciare il traffico
mafio-massonico-militare del rifiuti tra La Spezia e i paesi oltremare, o tra i
fornitori europee di scorie e il fondo del nostro mare. Ma le cliniche private
e le case farmaceutiche che ci stanno a fare?
.
Un solo Gauleiter per tutti
Quanto alla
mia vecchia RAI, nella quale, mentre tutti belavano, qualcuno poteva ancora
cinguettare, la fusione di reti, tg, sigle, programmi, personale, avviata da
Monti con l’inizio del percorso extra-elettorale della “sinistra”- destra culo
e camicia, con Renzi si è sublimata in Te Deum a reti unite. Era inevitabile
che, sulla falsariga preside-castigamatti rispondente solo al potere economico
via potere politico (e viceversa), dal balcone di Renzi prendesse il volo in
direzione Viale Mazzini il megadirettore galattico su poltrone di pelle umana
vaticinato da Fantozzi. Pelle di dipendenti e utenti. Non risponderà più agli
scorticati, o ai loro vindici in parlamento, o nel paese. Come il preside, il
sovrintendente alle belle arti, il comandante della Guardia Forestale, il CSM,
il generale della finanza, il direttore del giornale e tutti gli altri corpi
celesti che ruotano attorno al sole, risponderà, direttamente, a voce alta e
sbattendo i tacchi, al Grande Maestro dell’Universo.
Sfogliati
dalla margherita tutti i possibili
“t’amo” democrazia, diritti, ambiente, libertà, non rimaneva che il
petalo “t’amo” salute. Era ora, visto che eravamo ancora davanti alla Grecia,
ultima in Europa, nella spesa per la salute dei propri cittadini. Ci ha pensato Beatrice Lorenzin, showgirl di prima fila dello spettacolo renziano,
anche lei docile strumento nelle mani del solito terminator Gutgeld. Via
l’ennesimo taglio alla possibilità del cittadino di curarsi dalla pesti sparse
dagli untori di sistema. Altri 7 miliardi tolti alla sanità pubblica in tre
anni. Via ospedali di vicinanza, si arrangino gli infartuati a fare i
chilometri di Pino Daniele. Via i nosocomi che non producono profitti almeno
quanto Veronesi. Medici puniti se ti prescrivono cure, esami e analisi non
ritenuti necessari dal consulto d’eccellenza dei primari Lorenzin-Buondenaro.
Stipendio dimezzato ai “medici che sbagliano”, come ai giudici e a chi filma o
intercetta nefandezze. Niente ricoveri dove non ci sono posti letto almeno
quanti ne vanta l’Hilton e niente riabilitazione a chi sa ancora
trascinarsi su quattro zampe. Quanto ti viene concesso lo decide il governo, su
indicazione delle lobby. Si chiama
eliminare gli sprechi.. Chi siamo noi a pretendere cure quando, nella patria di
ogni bene, 50 milioni di cittadini, medicare
o non medicare di Obama, non hanno
accesso alla sanità? Via un po’ di anziani, non può che favorire la crescita,
non siamo il paese più vecchio del mondo? Malthus se la ride.
Fratelli musulmani, figli e nipoti
Altra nota
sui fatti del giorno, fonte di infinite cazzate di commentatori e analisti a
corto di un minimo di competenza, o impegnati nel depistaggio che impedisca di
individuare attori e giochi. I quattro dipendenti della Bonatti rapiti in Libia
lavoravano su commissione ENI alle strutture petrolifere di Mellitah, in zona interamente controllata dai
Fratelli Musulmani di Tripoli e dalla più feroce delle milizie anti-Gheddafi,
gli scuoiatori di neri di Misurata, che è poi anche la zona dalla quale parte
il 90% dei migranti, altro strumento islamista per fare pressione su Italia ed
Europa. Rapimenti e traffici di profughi sono le pedine di un gioco
geopolitico che ha per obiettivo, primo, l’estromissione della compagnia
petrolifera italiana dal suo attuale quasi-monopolio di gas e petrolio libici,
a vantaggio di francesi e statunitensi e, secondo, un ricatto a Roma perché
abbandoni il sostegno al governo laico di Tobruk, riconosciuto da tutti, regolarmente
eletto e sicuramente meno maleodorante dell’altro. Non che qui si voglia
difendere un ENI che ha per oggetto sociale la trasformazione di territori in pozzi neri e del mondo in camera
a gas. Ma che siano gli Usa a fargli causa per tangenti, gli Usa le cui Exxon o
Chevron si vanno da decenni comprando i governi di tutto il Sud del mondo, è
come dare il Premio Nobel per la pace a Obama e definire guerrafondaia la
Russia.
Logica,
logistica e obiettivi di tutto questo vanno fatti risalire ai Fratelli
Musulmani di Tripoli, sostenuti dal Qatar che sponsorizza, insieme alla Fratellanza,
tutte le sue emanazioni jihadiste in Libia, Siria, Egitto, Nigeria, Iraq e
Yemen. I golpisti di Tripoli si ritrovano isolati dopo che il mediatore ONU,
Leon, è riuscito a far accettare alle varie parti in conflitto l’accordo per un
governo di unità nazionale. Accordo boicottato ancora una volta dai delegati
del Qatar e dalle loro milizie jihadiste, le bande terroriste di Misurata e i nuovi mercenari dell’ISIS. Fiduciaria,
fino all’estromissione del despota Morsi per volontà di 20 milioni di egiziani,
firmatari della petizione anti-Morsi e poi protagonisti di una rivolta di massa
per la rimozione di chi imponeva la Sharìa insieme al divieto di scioperi e
manifestazioni, la Fratellanza passerà alla storia come la madre dei terrorismi
jihadisti di ogni denominazione, origine e sigla. Terrorismi impulsati e
foraggiati dal Qatar, reclutati, addestrati e armati dalla Turchia del Fratello
Erdogan e, con attenzione anche alle alternative, dalla più astuta Arabia
Saudita, tutti sotto il madrinaggio di USraele. Si tratta della linearità storica di un’organizzazione fatta nascere
dagli inglesi contro il movimento anticolonialista e nazionalista egiziano
degli anni ’20, tenuta in vita nella clandestinità dai maestri terroristi di
Cia e MI6 contro gli antimperialisti socialisti Nasser, Gheddafi, Assad, poi
rilanciata dagli Usa a ricambio di amici tiranni non più sostenibili e, infine,
armata di ventura per la destabilizzazione e il caos creativo in tutta la
regione.
Il
terrorismo jihadista nel Sinai, con ininterrotte stragi di militari e civili
egiziani, gli attentati all’autobomba al Cairo e in molte città del paese, lo
scatenamento della barbarie di Al Nusra, da qualche tempo riabilitato in
Occidente (vedi il comunicato dell’Assopace, i reportage di Formigli a “Piazza
Pulita” ) in funzione di presa di distanza dall’ altrettanto sanguinario ma meno
controllabile (?) Isis, le efferatezze di Boko Haram in Nigeria, alibi per l’appena
annunciato intervento militare Usa nel più grande Stato petrolifero africano da
spezzettare, fino alla strage di curdi a Suruc in Turchia, hanno quell’unica
matrice. E ora il Fratello Erdogan, psicopatico tiranno massacratore del
proprio popolo, oltreché dei curdi del PKK e di Kobane, indubbio mandante di
Suruc, ha fatto il botto che rasserena l’intero Occidente. Grande exploit. Dopo aver per anni, sotto
egida Nato e con il concorso di quattrini e armi del Golfo e della protezione
di Israele, assalito la Siria con i suoi surrogati Isis e Al Nusra, aderisce alla
coalizione internazionale che finge di bombardare lo Stato Islamico e le
concede, all’uopo, la base di partenza di Incirlik. Fantastica sceneggiata
della “comunità internazionale” con due copioni leggermente divergenti sul
piano tattico, ma omologhi su quello strategico.
Per
sfasciare gli Stati nazionali laici e multiconfessionali, oggi uniti nel fronte
scita (ma, in Iraq, con crescenti apporti sunniti), per l’imperialismo
occidentale occorre arrivare a mini-entità etnicamente coerenti, curda, scita e
sunnita (tripartizione di Libia e Iraq, spartizione della Siria e del Libano),
secondo il modello disegnato da Israele nel rapporto del grandisraelista Oded
Yinon del 1982. Da questo punto di vista il Kurdistan iracheno, colonia
USraeliana, è già la materializzazione dello squartamento dell’Iraq. Quello
siriano, dovrà costituirsi in elemento di disgregazione della Siria (a dispetto
del fatto che quelli della Rojava sono alleati sul campo e in politica di
Damasco e non prefigurano alcuna indipendenza statuale (che gli viene
attribuita strumentalmente dagli analisti occidentali) , ma solo
quell’autonomia all’interno della Siria, già concordata con il governo di
Assad. Proprio in queste ore, nella
riconquista della città siriana di Hasakeh, truppe siriane e milizie YPG combattono insieme contro i jihadisti.
Succede da anni. .Alle bande del Califfo impegnate nel Nord di Siria e Iraq e a
quelle di Al Qaida-Al Nusra (assistite dai bombardieri, dalle armi e dalle
cliniche di Netaniahu), spetta il compito del
caos creativo nelle zone non riservate ai protettorati curdi e tuttora
disputate ai governi nazionali di Damasco e Baghdad. Se davvero a volte la
Coalizione le colpisce è perché devono attenersi alla distribuzione di
territorio come ordinata dai mandanti.
Il macellaio turco, asso della Nato
Soluzione
sgradita al neo-ottomano subimperialista Erdogan, insofferente al costituirsi
di para-Stati curdi a rafforzamento delle istanze indipendentiste dei curdi
PKK. Istanze che hanno ripreso vigore nella reazione alla sanguinosa
repressione del sultano, a dispetto dei cedimenti di Ocalan e della creazione
in vitro di un parallelo partito curdo, compatibile e compromissorio, l’HDP
dello Tsipras turco, Demirtas. E così Erdogan, copertosi, con finti attacchi ai
suoi compari dell’Isis (figuriamoci se, dopo averli allevati e usati per anni
contro Damasco, ora gli si rivolta contro: mal gliene verrebbe), verso la
simulazione occidentale di una guerra all’Isis, dove si bombarda il deserto
dalle parti del Califfo, ma si colpiscono infrastrutture e civili siriani, Erdogan
stermina i curdi “cattivi” in Turchia, Siria e Iraq, rastrella migliaia di
oppositori, ammazza manifestanti. Ottiene
a compenso della farsa anti-Isis, l’agognata “non fly zone” di 50 per 90 km
all’interno della Siria. “Zona cuscinetto” dove far arrivare finalmente gli
scarponi neo-ottomani, al comando delle Forze Speciali Nato. E non ha perso, il
tiranno turco: suoi carri armati sono penetrati e vengono affrontate in queste ore dalla resistenza curda e araba
siriana.
Dell’intero
gioco delle parti il nodo cruciale, condiviso tra Turchia, Israele e la
Coalizione, era questo. Si aprono scommesse su quanto tempo debba passare prima
che nella “zona cuscinetto” quattro sguatteri siriani “moderati” possano
proclamare la nascita di un “governo democratico” su territorio siriano, che
tutti riconosceranno e che la Nato non potrà non esimersi dall’assistere nella
“liberazione” del paese. Al Califfo, capitano di ventura al soldo dei Fratelli
Musulmani e degli zii occidentali, si assegnerà quanto basta a tenere sotto
pressione chiunque devii dalla retta strada, in Libia, Siria, Iraq, Africa,
paesi ex-sovietici, Xinjang. Gli saranno garantite le rette dei petrolieri e
dei trafficanti di carne umana. Per noi, nel resto del mondo, deve rimanere il
Golem che giustifichi ogni fase della marcia al tecnonazismo e ogni fregola di
guerra della Nato.
Il supercaliffo turco: “Ah se non ci fosse il
“manifesto”!
Di tutto
questo ci fa una rappresentazione onirica l’inviato dei FM nel “manifesto”, Giuseppe
Acconcia (meglio A-sconcia), implacabile nelle falsificazioni pro domo del suo delfino islamista. Barcamenatosi
per un po’ in Kobane tra il doveroso omaggio ai combattenti YPG, impostogli da
un giornale e dal suo vasto bacino radical-chic, che adora i combattenti laici
e socialisti, quando curdi, e li detesta quando siriani, e la sua irresistibile
passione per i Fratelli Musulmani che i curdi li vogliono spazzare dal presente
e dal futuro, è presto tornato al ruolo di portavoce dell’islamismo politico,
purchessia. Una voce del coro miserella, ma affidabile. Quanto quelle dei fan
della civiltà occidentale e della sedicente “società civile” e
collaborazionista afghana, Battiston e Giordana, o quella dell’osceno carchiobottismo
squilibrato di Pieranni tra Kiev, russi, cinesi e rivoluzionari del Donbass. Una
pagina esteri in cui, tra marosi sempre più alti e inquinati, riescono ancora a
veleggiare residui corsari della verità come Dinucci, Giorgio, Colotti. Buona
fortuna!
Così il
Fratello Erdogan e il suo partito sciovinista e razzista, che stanno
fascistizzando e fondamentalistizzando lo Stato, con l’eliminazione di
poliziotti, magistrati, giornalisti non ossequiosi e con la repressione nel
sangue di ogni opposizione, vengono gratificati di “Islam moderato”, al pari
dei terroristi jihadisti in Egitto e Tripolitania. Si sente, dal profondo del
cuore, un malrepresso giubilo per il consolidarsi dell’alleanza teocratica,
subimperialista e paranazista, tra Turchia. Arabia Saudita e Israele, da sempre
sogno Nato. E con voluttà, il vaticinatore di una Sharìa anche in Italia e nel
mondo, ripropone nel giornale le bischerate dell’emittente del padrino
qatariota, Al Jazeera, quando, con doppio salto mortale carpiato, addossa al
governo laico di Tobruk il rapimento dei quattro operatori petroliferi
italiani, prelevati a 1000 km di distanza sotto il patrocinio dei cari Fratelli
di Tripoli. O attribuisce ad Assad le armi chimiche fornite ai jihadisti
dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. O, partendo da quella che giudica la
ricomparsa sulla scena da protagonista dell’Iran, grazie all’accordo con gli
Usa, delinea un radioso futuro islamista per l’intera regione, una volta tolto
di mezzo l’odiato Egitto di Al Sisi, grazie all’intesa tra i grandi delle
confessioni musulmane, Iran e Arabia Saudita. Ayatollah e califfi per tutti.
Sogni di un amico del giaguaro cui dovrebbe essere riservata una prospera vita
da pensionato a Dubai.
Srebrenica e Radio B-92, fari del
quotidiano comunista
Del resto il
“quotidiano (anti)comunista”, che nel suo pollaio cova a ripetizione
microrganismi sinistri dalla vita di una mosca,
non stende tappeti rossi a reazionari, controrivoluzionari, non
amplifica la vulgata imperiale rovesciando la sinistra nella destra solo
attraverso le incursioni islamiste di Acconcia. I casi e gli stenografi del
processo sono innumerevoli. Vorrei, in un prossimo articolo, ritornare sulla sequela di oscenità manifestaiole che hanno
imbrattato i lettori intorno alla data della ricorrenza di Srebrenica.
Ancora una volta il “manifesto” si è crogiolato nel veleno che, nell’ unanimità
con tutto il cocuzzaro mediatico al servizio delle “guerre umanitarie contro le
dittature”, sparge sulle menti dei dabbenuomini suoi lettori, avallando la False Flag perpetrata dalla Nato e dal
suo manutengolo fascista e integralista Izetbegovic. Ma se, con tanta buona
volontà e una parte anche nostra di dabbenaggine, questo stupro della verità
potrebbe essere attribuito a pigra e ignorante ripetizione delle balle di chi
deve coprirsi dall’accusa di aver disintegrato e raso al suolo un paese libero
e antimperialista, il paginone in ultima
sulle glorie, lamentevolmente defunte, della radio belgradese B-92 qualifica il
foglio di collaborazionismo duro e puro.
La
ricordate, quella radio, lasciata sopravvivere e spargere menzogne da un troppo
democratico Milosevic, con cui predecessori in tute bianche della grottesca
brigata Kalimera in Grecia, stabilirono gemellaggi. Quella dalle cui finestre
piovvero proiettili di ogni genere e insulti al corteo di anziani partigiani
serbi che celebravano la vittoria serba contro il nazismo. Quella i cui
redattori scendevano in piazza a rompere la testa ai manifestanti con la
scritta “Target” sul petto? Quella
facente parte del circuito Cia di Radio Liberty e Radio Free Europe (lo stesso per
cui lavorava la “martire” Politovskaja), governato da Amsterdam e finanziato
dal noto diritto umanista George Soros. Quella che, nelle fasi finali dello
stupro della Jugoslavia e della distruzione della Serbia, blaterò al mondo le glorie degli sguatteri Nato di Otpor,
becchini del loro popolo e successivi protagonisti, riccamente prezzolati da
Cia e National Endowment for Democracy, di tutte le rivoluzioni colorate in
paesi da ricondurre all’obbedienza. Proprio quella. Quella che una paginata di
escrementi celebra come grande, glorioso, nobile monumento alla professione
giornalistica e all’integrità politica e morale.
Non resta
che la nausea. Quando l’avrò superata, ne scriverò meglio. E ce la vedremo
anche con i turiferari del nuovo e gentile Obama, mentre copre di coriandoli
diplomatici i i corpi infettati della
libera Cuba e del libero Iran, e salva dalla cacciata dall’euro, voluta da
Schaeuble, la cara Grecia, fedele militante e generoso acquirente Nato,
indispensabile fortezza Bastiani al limite del deserto dei Tartari. Garantisce il fido Tsipras. Conferma il suo
ministro della Difesa, l’ultradestro Panos Kammenos, che, con i gangster del
vertice Nato in Turchia, gorgheggia “We
are the children, we are the future” e giorni fa, sottobraccio in Israele
al collega mass killer Moshe Yaalon, inneggia alla sempre più stretta
integrazione militare tra Grecia e Israele. Roba succulenta per Nato e
Israele, con un paese che per il militare spende il 7,5% del budget (il triplo
degli altri europei). Del resto, non aveva promesso fin dall’inizio, il
rivoluzionario Tsipras, che nella Nato ci stava bene e bene ci sarebbe rimasto?
Non aveva nominato a luogotenente d’Italia la compagna Spinelli, scilipoti radicalchic,
ma di indefettibile matrice siondebenedettiana e Bilderberg? Inezia che agli strafatti di Syriza della
Brigata Kalimera deve essere sfuggita.
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