lunedì 13 settembre 2021

Der Untergang des Abendlands – Il tramonto dell’Occidente CON LA “GUERRA AL TERRORE”, AI TERRORISTI GLI HA DETTO MALE


USA, 11 settembre 2001

 

Afghanistan, 31 agosto 2021, stessa mano

 

 DALL' 11  SETTEMBRE DI NEW YORK  AL 31 AGOSTO DI KABUL

 Ospiti: i giornalisti FULVIO GRIMALDI e FRANCO FRACASSI.

Conduce STEFANO BECCIOLINI

 VIDEO FACEBOOK:

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 VIDEO RUMBLE:

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“Il tramonto dell’Occidente” è il capolavoro del filosofo e storico tedesco Oswald Spengler, che trae la sua ispirazione dalla fine dell’allora più sanguinoso conflitto della storia europea, la prima Guerra Mondiale, e dalla successiva grande depressione del ’29. Spengler percepisce e analizza una svolta storica, la fine di un’epoca, forse di un evo. Da quegli anni che introducono al secondo conflitto mondiale e allo scontro tra due totalitarismi capitalisti, uno in uniforme, l’altro in abito borghese, la Storia si è messa a correre e appena un secolo dopo, l’umanità, stavolta intera, si ritrova travolta da un nuovo cambio radicale di paradigma.

 Dalle frenate e dai rovesci in Iraq, Libia, Siria, America Latina, da lacerazioni interne senza precedenti, dalla formidabile alternativa egemonica di Cina e Russia, dall’assoluta irrilevanza dell’Europa, si intravvede la fine del breve “secolo americano” con la sua euroappendice, e l’affermarsi impetuoso di qualcosa di nuovo, dai caratteri euroasiatici. La Versailles della Germania è diventata la Doha dove si è negoziata la resa degli Stati Uniti. Sono da attendersi analoghi colpi di coda, ma il nostro destino è ormai fermamente nelle mani del cosmopolitismo finanziario e di chi vi resiste. I suoi strumenti da fisico-psichici sono diventati psico-fisici: meno Stati, meno eserciti, più telematici, più farmaceutici. Agli americani resta un’indiscutibile e per ora irreversibile egemonia “culturale”, che si perpetua con forza sulle giovani generazioni del pianeta, a cui né il Sud del mondo, né Cina e Russia, hanno finora saputo opporre un’alternativa.

 


Cambia tutto: fine del complesso militar industriale?

Al declino americano si è tentato di porre un freno con l’esercizio della forza militare, 900 basi sparse su tutto il globo, il dominio dell’aria e dello spazio, interventi diretti e, sempre più, di forze mercenarie: terroristi per la cosiddetta “guerra al terrorismo”. Ma la colossale debacle di Kabul alimenta il sospetto che a questo immenso apparato della forza possa essere riservata la stessa fine dell’esercito fantoccio superarmato di 300.000 uomini, a difesa dell’occupazione dell’Afghanistan e del regime di miserabili quisling installato dagli invasori.

 Dal Vietnam in poi USA e i suoi mercenari NATO e ISIS/Al Qaida non fanno che rimediare insuccessi. Perfino i colpi di Stato, vedi Bolivia, o Venezuela, non riescono più.e, dopo l’Ucraina, neanche le “rivoluzioni colorate”: Hong Kong, Libano, Myanmar, Iran, Russia….. La risorsa estrema è digitale e sanitaria e anche qui, alla luce, sempre più diffusa, di cosa ci combinano i vaccini e coloro che li manovrano, si aprono delle crepe.

 L’ultradestra imperiale che si finge sinistra

Vignettisti di regime (il manifesto)

 

Un segnale mediatico significativo, a parte il noto, rozzo e cieco, atlantismo che fa di tutti i media generalisti un'unica camera dell’eco, ce lo dà l’infiltrato “il manifesto”, che trasmette quotidianamente e fedelmente gli ordini di servizio del Deep State USA e dei suoi servizi terroristici. La sviscerata promozione della nuova arma-fine-del-mondo sanitaria, chimico-genica, si accompagna in questi giorni alle geremiadi dei suoi vari specialisti geopolitici sullo scontro di civiltà perduto dall’Occidente in Afghanistan. In particolare sui diritti umani (sopravvissuti a vent’anni di bombardamenti, carceri della tortura, stragi di civili, depredazione di un intero popolo) lasciati alla mercè dei trucidi “turbanti neri”.

 Vi eccelle tale Giuliano Battiston, che divide la sua lealtà e le sue prestazioni tra il “quotidiano comunista” e l’ISPI, Istituto di Studi di Politica Internazionale, non altro che il ragazzo di bottega locale del Dipartimento di Stato e della Difesa statunitensi. Mentre un finto “anti-americano”, come Alberto Negri, prova a rattoppare truffe americane come l’attentato “saudita” dell’11 settembre, i mercenari curdi “patrioti rivoluzionari”, Osama maestro attentatore, ucciso dalle forze speciali USA e altre fiabe che servono a tenere assieme il tessuto di menzogne dell’Impero in disarmo.

 In questo contributo all’episodio che apre la “guerra al terrore” del più grande Stato terrorista della Storia e a quello che felicemente lo chiude a Kabul, Fracassi e io abbiamo cercato di buttare un po’ di sabbia negli ingranaggi del menzognificio. Una sabbia che fa anche giustizia della furbata degli ambiguoni che, per rimediare al disastro di tutto l’Occidente, ai sono inventati la teoria, oggettivamente salvafaccia degli USA, per cui non ci sarebbe stata nessuna sconfitta dell’Impero, ma piuttosto un’intesa sotterranea tra Washington e i vendipatria Taliban, in vista di spartirsi economicamente le risorse del paese. Così ne uscirebbero sani e salvi gli americani e farebbero una figura di merda gli odiosi Taliban.

 


5 milioni di afghani a cui i dati personali sono stati sottratti attraverso il riconoscimento facciale coatto. Gli indigeni non meritano privacy, né rispetto.

 Un colpo di coda che, comunque, la globalizzazione si va prendendo sono quei 4 milioni di afghani, perlopiù giovani e formati, che verranno sottratti al paese e alla sua rinascita con la scusa dell’ “accoglienza dei fuggitivi dagli orrori Taliban  e rovesciati sull’Europa degli alleati che non hanno saputo far vincere la partita.

 Ci saranno anche donne e ragazze, possibilmente avvenenti e commoventi, che per mesi e anni riempiranno pagine e schermi con la loro narrazione su quanto abbiano patito e quanto ancora patiranno le loro sorelle e tutto il popolo sotto il regime dei “barbuti”. Ma è chiacchiericcio stereotipato che non destabilizzerà né noi, né il nuovo Afghanistan liberatosi dal colonialismo.

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