Video di Leonardo Rosi: “Fulvio Grimaldi sul 7 ottobre di Hamas”
https://www.youtube.com/watch?v=9_0ROY_Hx1k&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=9_0ROY_Hx1k
Mancava
solo l’ennesima inchiesta del più autorevole giornale israeliano, Haaretz, i
cui coraggiosi cronisti e analisti, capeggiati da un ormai mitico Gideon Levy,
hanno saputo sottrarsi alla sequenza di avvertimenti, intimidazioni e minacce di
cui sono fatti oggetto dal regime fascistoide di Netaniahu. Si tratta della
conferma di una misura adottata dall’esercito israeliano, già denunciata da
suoi stessi ufficiali: l’applicazione, a reazione dell’attacco di Hamas il 7
ottobre, della Dottrina Hannibal. Ma prima una premessa.
Non
sono certo il primo che, in questo video girato da Leonardo Rosi, avvicina gli
eventi dell’11 ottobre, attentato attribuito ad Al Qaida, e i loro effetti, a
quelli del 7 ottobre nella Palestina occupata, attribuiti a Hamas. Ciò che ha
indotto diversi osservatori, non condizionati da prebende o timori, a compiere
questo parallelo sono alcuni dati ineludibili: la contradditorietà tra fatti e
narrazione, l’utilizzo dell’accadimento a evidentissimo vantaggio della parte
che si presenta come vittima, testimonianze e prove a demolizione della vulgata
ufficiale e, last but not least, una successione storica di atti di provocazione
che sono serviti solo a consentire abusi e aggressioni a chi se ne diceva
vittima. La domanda rivelatrice è “cui
prodest”. Non certo ai presunti perpetratori: Iraq, Libia, Siria,
Afghanistan, Serbia, Russia, Palestina, per altri versi Europa. E ci riferiamo solo
agli esempi del tempo della nostra vita.
All’impressionante
mole di dati, inchieste, testimonianze, prove oggettive, che cerco di riassumere
in questo video di Leonardo (ma che, anche meglio di me, ha raccolto Roberto
Iannuzzi nel suo libro ”Il 7 ottobre tra verità e propaganda”, al netto
di non condivisibili valutazioni su Hamas e sul retroterra dell’operazione), si
aggiunge ora, con forza drammaticamente persuasiva, l’ennesimo lavoro di
inchiesta di Haaretz.
Di Haaretz,
poi fiancheggiato da altre fonti professionali israeliane, anche televisive, ho
riferito per iscritto, in interviste e in occasioni di convegni pubblici,
quanto fin da pochi giorni dopo l’irruzione dei combattenti di Hamas nel
territorio adiacente a Gaza, occupato dai kibbutzim dei coloni dove prima c’erano
villaggi palestinesi, una prima inchiesta del giornale aveva rivelato. Si
trattava di un drastico ridimensionamento del numero delle vittime, di cui metà
militari, della smentita di orrori come la “decapitazione di 40 neonati” e di
altre spaventose violenze contro civili.
A
queste smentite sarebbe seguita la denuncia della totale mancanza di prove e di
testimonianze di altre atrocità, sistematicamente attribuite a Hamas, tipo
bambini uccisi e bruciati nei forni, gli immancabili stupri, seni recisi, chiodi
martellati nelle vagine…..
Si
trattava anche della dimostrazione visiva, tramite riprese da terra e dal
cielo, dell’intervento sulle stesse strutture degli insediamenti israeliani, in
quei momenti occupate dai loro abitanti, uniti a combattenti Hamas che vi erano
penetrati con l’obiettivo di catturare ostaggi. Gli edifici di questi abitati
risultavano in rovina totale, non meno di quelli colpiti dall’aviazione
israeliana a Gaza, risultato ottenibile solo con intervento di artiglierie,
granate e missili lanciati da carri armati ed elicotteri, mezzi non in
dotazione a Hamas.
Era
facile notare come ogni nuova campagna mediatica dei sicofanti del sionismo
coloniale su orripilanti crimini compiuti dai guerriglieri palestinesi fosse
successiva a scoperte, pubblicizzate da rappresentanti ONU, o da organizzazioni
mediche internazionali, o da singoli testimoni, come medici, prigionieri
rilasciati, giuristi, che denunciavano, sì, orrori, ma compiuti dalle
cosiddette Forze di Difesa Israeliane (IDF), in particolare ai danni di
detenuti nelle carceri in Cisgiordania, negli ospedali invasi, o nei campi di
concentramento allestiti intorno a Gaza e dei cui orrori abbiamo saputo in
questi giorni grazie a visitatori e prigionieri rilasciati. A partire dalle
imputazioni di piedi e mani feriti da manette troppo strette e troppo a lungo
portate. O da detenuti, coperti da escrementi, da mesi con addosso gli stessi
abiti e con le mutande cambiate solo all’atto dell’ispezione esterna.
Ora
Haaretz aggiunge un elemento, sconvolgente quanto decisivo, a questo e altri
elementi a totale smentita della narrazione originata dai vertici israeliani e
disciplinatamente ripetuta, gonfiata e diffusa dai nostri media a sostegno di
un genocidio definito “risposta”, ritorsione o “rappresaglia”. Sterminio
programmato, ormai giunto a quasi 40.000 vittime ufficiali, ma aumentate a
centinaia di migliaia da esperti che tengono conto sia dei dispersi seppelliti
sotto le macerie, sia dei traumi mortali, mancanza di cibo e cure, che
affiancano ad ogni morte da diretti effetti di guerra, altre quattro imputabili
agli effetti collaterali.
E’
un’alta e qualificata fonte dell’Esercito israeliano che ha ammesso al quotidiano
come, in risposta all’attacco di Hamas, reso possibile dalla neutralizzazione dell’intero
apparato elettronico di sorveglianza e allarme che cinge il carcere a cielo
aperto di Gaza e dalla successiva occupazione dei centri di comando militari
(costata le dimissioni dei responsabili), fosse stata ordinata l’applicazione
della Direttiva Hannibal. Una direttiva per la prima volta utilizzata contro
Hezbollah e la sua cattura di militari israeliani, nella prima invasione del
Libano, e che prevede l’uccisione, insieme a quella dei combattenti nemici,
anche degli ostaggi presi. L’obiettivo essendo quello di togliere al nemico l’opportunità
di imporre degli scambi, o altre condizioni.
Citando
un alto ufficiale dell’IDF, Haaretz scrive: “Alle truppe israeliane che stavano
contrastando l’attacco di Hamas è stato ordinato: non un solo veicolo deve
poter rientrare a Gaza. E’ chiarissimo ciò che questo ordine implica e quale avrebbe
dovuto essere il fato riservato alle persone sequestrate e portate via su moto,
auto, pick-up”. Si tratta dell’ordine di ricorrere alla Direttiva Hannibal,
così chiamata con riferimento, non tanto al generale cartaginese suicidatosi
per non cadere nelle mani del nemico, quanto a Hannibal Lecter, protagonista
del film “Il silenzio degli innocenti”, cannibale.
Pochi
giorni dopo il 7 ottobre, avevo già potuto citare voci di protagonisti di
quella vicenda. Tra cui giornaliste israeliane e statunitensi (CNN), Nicole
Zedek e Sara Snider, che smentivano la storia dei 40 neonati decapitati, per
giorni e giorni rilanciata da tanti e, con grande foga, da Mentana su La 7. Ma
anche una giovane donna, Yasmin Porat, che si trovava nell’epicentro della battaglia,
il Kibbutz Be’eri occupato da Hamas e, sopravvissuta, aveva riferito del fuoco amico
indiscriminato aperto dai tank e dagli elicotteri israeliani contro l’abitato.
Prima
dell’alta fonte militare di Haaretz, avevo potuto citare un altro ufficiale di
grado elevato, il Colonello Nof Erez, che aveva ammesso che in quelle ore era
stato fatto ricorso alla Dottrina Hannibal.
Con
le rivelazioni di questi giorni siamo giunti alle stesse conclusioni che i
fatti (e qualche tardiva ammissione) ci hanno permesso di riconoscere in merito
agli aerei pilotati da supercampioni sauditi contro grattacieli (che esplodono
piano dopo piano, compreso uno non colpito) o, rasoterra, contro il Pentagono:
o in merito alle armi di distruzione di massa di Saddam (Guerra all’Iraq); o
dell’attacco mai avvenuto alla flotta USA nel Golfo del Tonchino (Guerra al
Vietnam); o della strage di decine di civili kosovari torturati poi risultati
militari caduti in combattimento con segni di tortura apportati dopo la morte
(guerra alla Serbia); o dei bombardamenti di Gheddafi sulla propria gente con
aerei fantasma che nessuno ha mai visto in volo (guerra alla Libia); o in
merito a Mario Valpreda (guerra alle classi insubordinate italiane)….
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