Prima di dileguarmi per un mesetto di intervallo e prima di ricomparire qua e là e con Mondocane su Byoblu, vi lascio qualche immagine e qualche racconto in video miei e di copasseggeri.
Premetto
che l’estrema, parossistica manifestazione del grado di barbarie ultranazista
raggiunto dallo Stato fuorilegge sionista con l’assassinio di Ismail Haniyeh,
ha offerto ai nostri gabbamondo politico-mediatici l’opportunità di
rappresentare l’Iran, colpito, ferito e umiliato, la Grande Minaccia di un conflitto
generale. E’ la risposta al crimine senza precedenti – risposta eventuale, che
non l’Iran, ma i prostituti mediatici sentenziano imminente – il pericolo che
incombe sul mondo. Mica il crimine, l’ennesimo, sistemico. L’ipotetica
ritorsione.
Mica
è questa conventicola di spiaggiati della Storia, di criminali psicopatici,
senza neanche più il minimo freno legale e morale, comunità di genocidi,
infanticidi, torturatori di inermi, a rappresentare il carcinoma che va facendo
marcire il mondo. Macchè, sono invece tutti quelli che si trovano sul lato
ricevente. Orwell non ci sarebbe mai arrivato. Ma forse neanche il tizio che si
sono inventati: Satana.
E’
la Storia sta a guardare. E non solo la Storia.
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Le
foto si riferiscono a tre eventi cui ho partecipato in giorni recenti.
Al
Trullo, Roma, sulla Palestina e sulla drammatizzazione che vanno facendo della
risposta dell’Iran all’atto criminale dello Stato-delinquente sionista, sulla
gigantesca mistificazione delle False Flag impiegate per guadagnare consenso ai
crimini d’aggressione, con un eccezionale intervento del palestinese Jihad
sulla fascistizzazione globale (e italiana), della quale Israele è simbolo e
punta di diamante.
A
Gambassi Terme (FI), dove ho presentato il mio libro “Uno sguardo dal
Fronte”, che, vi ricordo, tra Palestina e Irlanda, Latinoamerica e
Africa, Serbia e Medioriente e perfino Italia, copre quasi un secolo di vita,
di vite, di guerra, di criminalità padronale e di eroismo umano. Amici molto
pazienti mi hanno ascoltato leggere qualche brano.
A
Pontedera, alla festa annuale dei CARC, sulla NATO ieri, oggi, domani, con
partecipazione di numerosi comitati ed associazioni, e specifico accento sulla
militarizzazione dei nostri istituti d’istruzione di ogni grado, a partire
dall’alternanza scuola-lavoro che diventa alternanza scuola-guerra. In evidenza
urgente la mobilitazione contro la sede del Comando Nato a Firenze che, con
l’arrivo a Solbiate Olona (VA) della Forza NATO di Rapido Intervento, le circa
120 basi USA e NATO insediate in Italia e l’occupazione del 64% del demanio in
Sardegna di poligoni militari, rappresenta una morsa mortale sulla sovranità e
sulla pace del nostro paese. Il bersaglio delle ritorsioni saremo noi, mica gli
USA.
Qua
e là mi è anche venuto di tirare le orecchie al mio ottimo uditorio. Bravi su
tutto, ma sordi e muti su due attacchi fascisti e oscurantisti che
capovolgeranno questa nazione: “Autonomia Differenziata” e “Premierato”:
disgregazione e riduzione a espressione geografica, da un lato, ducismo per
grazia di dio e volontà del popolo dall’altro. Bene le firme, ma non basta! Se
mai volessimo conquistare barca e timone, tocca mobilitarsi prima che tutto
venga sfasciato.
PALESTINA,
SAPERNE DI PIU’ PER MEGLIO DARE UNA MANO
Consiglio vivamente a tutti, per una più approfondita
conoscenza/coscienza della questione israelo-palestinese, oggi ombelico del
mondo, il Webinar
internazionale di “Infopal” sull’attualità palestinese
e mediorientale. Interventi del sottoscritto (“False Flag: 7 ottobre e 11
settembre, coincidenze che hanno cambiato il mondo”), di Ramzy Baroud
(direttore Palestine Chronicle, sulla nascita e caduta del Sionismo), Romana
Rubeo (Palestine Chronicle, “La profonda connessione tra il sionismo e i
movimenti di estrema destra in Europa”), Patrizia Cecconi (“Il dominio della
narrazione egemonica sulla Palestina”), Razie Amani (analista di geopolitica,
docente universitaria: “La nuova presidenza iraniana: la Palestina e la
Resistenza”) e la direttrice di Infopal, Angela Lano (“Colonialismo di
insediamento, il più devastante dei colonialismi”)
Intero Webinar: https://www.youtube.com/@AssociazioneInfopal
Mio intervento: https://youtu.be/b7MM3XWM37c?si=2pQPJV8p7u8ks8Ru
ITALIANI? ANCHE NO.
I propedeutici dell’Autonomia Differenziata
Una puntata di “Metapolitica- Il fuoriscena del Potere”.
Conduce Francesco Capo.
E, dal momento che in queste sfessanti giornate di
estenuante riposo, frastornante spasso, iperattività sessuale, avete abbondanti
riserve di tempo per stordirvi di cultura e conoscenze, eccovi un ultimo
contributo prima della mia dissolvenza. Trattasi stavolta di qualcosa che è
partita come forum su che italiani siamo ed è finita in tumultuoso
divertissement revisionista. Mai sono volate più alte le mie piume di
bersagliere.
https://www.youtube.com/watch?v=DJzGRPgSniQ&t=12s
Il
confronto, oggi acceso, addirittura virulento, peggio che ai tempi del
confronto tra Vittorio Emanuele II e Ferdinando II, o tra Garibaldi e Pio IX,
io lo avrei sottolineato con, sullo sfondo, le note del “Canto degli italiani”,
sommariamente chiamato “Fratelli d’Italia”. Anche se ormai, al tempo dei
patrioti (a stelle e strisce e con stella di David) che vanno amministrando un
paese, al tempo stesso frantumato e ducizzato, quell’inno risuona quasi solo
dalle gole svogliate dei giocatori di qualche nostra Nazionale.
Con
davanti gli strepiti da volti paonazzi di neoborbonici e neopapisti alla minima
menzione dell’Italia unita come processo di emancipazione, maturazione,
compimento di un’istanza naturale, geografica, culturale, sociale e politica,
già riconosciuta e consacrata 2.500 anni fa da Roma repubblicana, la
provocazione mi viene facile. E Goffredo Mameli si presta benissimo.
Insomma.
da Roma in poi, per 2000 anni, un variegato e multiforme popolo, unito da
lingua, incontro e scontri storici, i secondi spesso da esterni voluti, da una
funzione geopolitica determinata dalla collocazione, rigorosamente definita da
confini naturali, al centro del nodo più strategico del pianeta, ha provato,
più o meno consapevolmente, a darsi il ruolo a lui confacentesi nel contesto di
imperi e nazioni.
Roma
aveva capito che consolidare in unità la penisola e i suoi abitanti era la base
irrinunciabile per contare qualcosa, farsi rispettare, estendere la propria
egemonia ed esercitare scambi, influenza, dominio. Il dominio, a parte la
parentesi che agita ormoni e neuroni di YosoyGiorgia e quelli dei suoi ballila
catacombali, ai patrioti veri non interessa. Interessa essere in condizione di
farsi valere al pari di altri e non farsi mettere in testa i piedi da
austriaci, francesi, spagnoli, germani vari. Come da tutti coloro che, da Enea
in qua, si infastidiscono a trovarsi di fronte una forza, un’identità, una
coesione che tieni in mano le chiavi del mare che separa/unisce nord, sud, est,
ovest e, con Roma prima e, poi, con un Risorgimento che ci ha fatto diventare
noi e durare tali, bene o male, per quasi due secoli.
Sibilano
che a fare questa zozzeria del Risorgimento, che tanto male ha fatto alla
Chiesa, al Sud, ai civilissimi borboni (massacratori di tutta l’intellettualità
napoletana), ai Gonzaga e ai Doge, siano stati gli inglesi, anche un po’ i
francesi, magari pure qualche spagnolo e transilvano. Che Garibaldi si limitava
a obbedire e stuprare. Che la ferrovia l’avevano fatta loro (falso). E gli
italiani? Quelli delle Cinque Giornate, della Repubblica Romana, dei Vespri
Siciliani, della cacciata dei Borboni, di tutti i moti insurrezionali, Savoia o
non Savoia? E Battisti? E Anita? E
Filangeri? E Settembrini?
Alti
si levano i lai, lo sdegno sanfedista e le feroci denunce di incommensurabili
crimini che agitano le fisionomie dei miei interlocutori, nella trasmissione
del serenissimo Francesco Capo, al solo, inaudito, tentativo di definire lo
sciagurato processo di unificazione e cacciata di stranieri e sovrani assoluti
dal paese “Risorgimento”, o addirittura “rivoluzione”. Ora che, con l’autonomia
differenziata, i neosanfedisti fascisti ci ridurranno a volgo disperso che nome
non ha, come 200 anni fa, quegli interlocutori si placheranno. Saranno
contenti. Proprio come quegli inglesi e francesi che avrebbero fatto, loro,
l’unità d’Italia. E che la loro, di unità, se la tengono ben stretta.
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